I genitori di Charlie Gard insieme agli avvocati di Connie Yates e Chris Gard, ricoverato per una grave malattia genetica a Londra, hanno annunciato il ritiro della richiesta di trasferirlo negli Stati Uniti. I medici avevano detto che il trattamento non avrebbe aiutato e anzi avrebbe potuto causare il dolore del bambino. E per Connie e Chris ormai "è troppo tardi", "c'era una finestra di due mesi. Il trattamento non offre più chance di successo". IntelligoNews ha intervistato l'avvocato Gianfranco Amato, presidente di Giuristi per la vita e segretario del partito Popolo della Famiglia.
Che sentimenti le induce la decisione dei genitori di Charlie Gard di rinunciare definitivamente alla battaglia ingaggiata fino ad oggi?
"Tristezza e rammarico, pur nel rispetto assoluto della decisione".
Perché rammarico?
"Senza tanti clamori e con assoluta riservatezza, noi da settimane eravamo in contatto con Connie Yates, la mamma di Charlie, alla quale avevamo prospettato una soluzione legale per togliere il piccolo dalle grinfie del boia e accoglierlo in Italia".
Di che soluzione si trattava?
"Su una felice intuizione dell’avvocato italo-inglese Bruno Quintavalle, esperto in materia, avevamo individuato, come Giuristi per la vita, la possibilità di far trasferire Charlie nel nostro Paese, invocando l’art. 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, il quale recita testualmente che «le restrizioni alla libera prestazione dei servizi all'interno dell'Unione sono vietate nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in uno Stato membro che non sia quello del destinatario della prestazione».
si trattava, quindi, di trovare un qualunque ospedale italiano disposto ad effettuare gli stessi trattamenti sanitari oggi prestati dall’ospedale inglese (in sostanza il mantenimento in vita), senza tirare in ballo la questione delle cure. Negare il trasferimento sarebbe stato, in quel caso, una palese violazione dell’art.56. Una volta giunto in Italia, nulla avrebbe poi impedito ai genitori di portare il piccolo negli Stati Uniti o al Bambin Gesù per tentare una terapia. In sostanza l’ospedale italiano avrebbe dovuto svolgere una semplice funzione di “ponte”.
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01 marzo 2017, Adriano Scianca
Il testamento biologico? "Un inganno". Parola di Giacomo Rocchi, magistrato consigliere di Corte di Cassazione, membro dell'associazione Giuristi per la Vita e del Centro studi Livatino. A IntelligoNews spiega: "Il vero obbiettivo che perseguono è un altro".
Cosa pensa della richiesta, giunta da più parti, affinché in Italia si introduca il testamento biologico?
«Il progetto di legge attualmente in discussione, se confrontato con la tragedia del suicidio assistito di Fabiano Antoniani, ci fa riflettere su qual è il vero obiettivo di coloro che spingono per il testamento biologico. In realtà in tutto il mondo la tendenza va verso l'eutanasia non consensuale. In questo frangente le persone inutili, quelle che non producono, i disabili, le persone in stato di incoscienza, i neonati prematuri che rischiano di rimanere disabili, sono considerati costosi per la famiglia e la società, scandalose perché dimostrano che spesso si può essere felici anche da disabili. Il pensiero corrente ritiene che debbano essere uccise».
Dj Fabo aveva però espresso chiaramente la sua volontà.
«Non nego che lui volesse morire. Dico che forse se hai intorno chi ti dice che è meglio che tu muoia e che questo sarebbe un bene per il Paese, alla fine ti convinci che è giusto morire. Non si sta tutelando la libertà delle persone, l'obbiettivo è un altro».
Quale?
«Il progetto di legge pone come principio generale l'autodeterminazione del paziente ma nasconde un suo nucleo che è esattamente il contrario. L'articolo 2 prevede le disposizioni in caso di minori o incapaci. E pone un principio molto semplice: qualsiasi rifiuto di terapie per minori o incapaci è espresso da tutori, genitori o amministratori di sostegno. Queste persone possono essere fatte morire per decisione di altre persone. E sono coloro che la società vuole eliminare».
E per quanto riguarda le dichiarazioni anticipate di trattamento da parte di soggetti pienamente consapevoli?
«Sono un inganno. Chiediamoci: quale garanzie abbiamo della libertà morale di queste persone? Una persona anziana abbandonata in un casa di riposo non sentirà l'obbligo morale di rifiutare tali terapie, sentendosi un peso? Questo progetto fa apparire uno scenario che prima non c'era, in cui la persona abbandonata possa pensare: “Forse è meglio se io muoia”: meglio non per lui, ma per la società. Poi c'è un secondo inganno».
Quale?
«L'esperienza di tutto il mondo ci dice che le persone che firmano non capiscono le condizioni in cui potrebbero trovarsi tra qualche anno. Secondo: i famosi fiduciari non sono in grado di interpretare la volontà delle persone che li hanno nominati, perché adottano propri parametri. Terzo: le persone che hanno firmato sono poi considerate persone da non curare o da curare male».
Per lei l'ordinamento attuale va bene così com'è?
«Attualmente l'intero ordinamento tutela la vita delle persone, soprattutto delle persone deboli. Le norme indicano una linea precisa: tutte le vite devono essere protette, anche e soprattutto deboli, malati o disabili. Il rapporto medico-paziente si basa sul fatto che il medico non abbandonerà mai il paziente e non lo ucciderà mai. In realtà il sistema è completo e molto chiaro».
di Gianfranco Amato
Deve dare veramente fastidio questa Silvana De Mari.
Ieri sera, alle 20.21, un’ora e mezza dopo aver pubblicato l’articolo intitolato “Stiamo in piedi al fianco di Silvana!“, il mio sito ufficiale ha subito un pesantissimo attacco hacker, definito in termine tecnico con la sigla DOS (denial of service). In particolare si è trattato di un D-DOS (distributed denial of service), un attacco perpetrato usando circa 500 diversi indirizzi IP, tutti localizzati in Italia, i quali producevano richieste di accesso al sito ogni secondo, in modo da eccedere in maniera significativa il limite imposto dal server.
Il sito è rimasto bloccato per circa quattro ore, fino a quando non è stato possibile arrestare definitivamente tutti i tentativi di accesso al sito da parte degli indirizzi IP incriminati.
Che gli hacker avessero preso di mira il mio sito era già stato ampiamente preventivato. Troppo scomodo. Fin dal suo esordio, infatti, si era presentato come «una postazione di resistenza», «una voce libera e controcorrente in difesa della Verità, un coraggioso spazio per la libertà di opinione, una fonte di notizie non manipolata dal potere, un mezzo di conoscenza della realtà alternativo alla propaganda di regime, una postazione di resistenza contro l’attuale dittatura del Pensiero Unico».
Gli hacker devono aver identificato l’articolo sulla dottoressa De Mari come la migliore occasione per far scattare l’ora X dell’attacco.
All’infame che nasconde il proprio volto dietro la comoda maschera dell’anonimato non riconosco neppure la dignità di nemico. Non merita neanche il sentimento di disprezzo il vigliacco che in maniera vile e proditoria colpisce alle spalle nascondendo vergognosamente la propria faccia.
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di Andrea Zambrano
Per lei hanno scelto un metodo molto in voga a Tangentopoli e ormai affermatosi con successo per tutte le inchieste che contano: l’avviso di garanzia via Corriere. Ma non si tratta di un Dhl, bensì del più blasonato Corriere della Sera. La dottoressa Silvana De Mari, endoscopista e scrittrice di fantasy da un po’ nell’occhio del ciclone per le verità politically incorrect che osa dire sull’omoerotismo, risulterebbe indagata dalla Procura di Torino per alcune sue frasi pronunciate in interviste e ospitate radiofoniche sulle malattie cui vanno incontro gli omosessuali.
Per la verità l’indagine non è neanche partita. Come spiega il suo legale infatti “il Corriere si limita a dire che l’esposto presentato in Procura da una rete di attivisti Lgbt di Torino è stato assegnato al pool di magistrati specializzati nei reati previsti dalla legge Mancino. Un atto dovuto, ma che al quotidiano di Via Solferino è parso già come un marchio di infamia”.
Né la De Mari dunque, né il suo avvocato Gianfranco Amato dei Giuristi per la vita, hanno ricevuto un avviso di garanzia. Ne consegue che il capo della Procura Armando Spadaro non ha fatto altro che assegnare l’esposto. Non c’è dunque nessun capo di imputazione su cui indagare. I reati che vengono illustrati non sono nient’altro che quelli ipotizzati dall’avvocato del coordinamento Lgbt Nicolò Ferraris. Se verranno fatti propri anche dalla Procura è un altro paio di maniche. Quindi è sbagliato dire che la De Mari è indagata per odio razziale nei confronti dei gay, mentre è corretto semplicemente dire che la Procura ha creato un fascicolo assegnando l’esposto, che potrebbe anche chiudersi con un’archiviazione.
Tanto rumore per nulla? Non proprio, semmai un segnale inquietante di come la caccia all’untore, se negli anni di Mani Pulite era rivolta al politico lestofante, oggi viene indirizzata nei confronti delle persone dotate di ragione che denunciano la martellante campagna, molto spesso mistificatoria, della potente lobby gay. Con dati scientifici alla mano.
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di Gianfranco Amato
Ormai non ci stupiamo più di nulla. In un Paese ridotto alla bancarotta politica, economica, culturale e morale, schiacciato dal tallone della feroce dittatura del Pensiero Unico, anestetizzato dalla micidiale propaganda goebellsiana dei mass media, commissariato da una magistratura ideologizzata, politicizzata, e sempre più prona al Potere, può accadere di tutto.
Anche di leggere sul “Il Corriere della Sera” questa notizia: «Finisce sotto indagine la «dottoressa anti gay». Sottotitolo: «Silvana De Mari è indagata dalla Procura di Torino per istigazione all’odio razziale».
Peccato che la dottoressa in questione non abbia ricevuto personalmente la benché minima comunicazione di indagini a suo carico da parte di nessuna autorità, né sia stata identificata dalla Polizia giudiziaria e informata della circostanza. C’è qualcosa di patologico nel fatto che un cittadino apprenda di essere sottoposto ad indagini penali dalle pagine de “Il Corriere della Sera”, insieme ad altri tre milioni di concittadini, tanti essendo all’incirca i lettori di quel quotidiano. Con buona pace della privacy e, soprattutto, del segreto processuale che oggi in Italia è diventato, nel carnevale della giustizia italiana, il segreto di Pulcinella.
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COMUNICATO STAMPA - IL GRANDE BLUFF DELL’OBIEZIONE DI COSCIENZA
- Vicenda ospedale San Camillo di Roma: medici, potete e dovete obiettare ! -
I Giuristi per la Vita invitano i medici, che hanno partecipato e vinto il concorso indetto dall’ospedale San Camillo di Roma sulla base del bando qui pubblicato (http://www.scamilloforlanini.rm.it/concorsi/allegati/c000109/1%20bando.pdf), ad esprimere liberamente e secondo la propria sensibilità ovvero credo etico – morale l’obiezione di coscienza.
Il bando non esplicita affatto che sia “vietato” l’esercizio dell’obiezione di coscienza.
Nel bando si afferma che esso è finalizzato per la "istituzione di 1 posto di dirigente medico disciplina Ostetrica e Ginecologia (da destinare al settore del Day Hospital e Day Surgery) per l'applicazione della Legge 194/1978 - interruzione volontaria della gravidanza".
Non viene rinvenuto in alcuna parte dello stesso una preclusione per gli obiettori, o degli specifici limiti di accesso per i soli non obiettori.
Pertanto, “l’applicazione della legge 194/1978” (come afferma il bando) legge appunto denominata “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza” implica l’applicazione del suo testo integrale, ivi compreso l’articolo 9 che prevede appunto l’obiezione di coscienza da esercitarsi entro un mese dall’assunzione, o con effetto dopo un mese dal suo libero esercizio regolarmente comunicato all’autorità competente.
Sarebbe per contro incredibile e richiederebbe l’intervento dei sindacati in massa, l’operato di un’azienda pubblica che, assunto un lavoratore, lo licenziasse entro breve termine per il sol fatto che costui abbia esercitato un proprio diritto previsto dalla legge e di rilevanza costituzionale, anzi, addirittura pregiuridica.
I Giuristi per la Vita conformemente al loro statuto, sin da ora dichiarano la propria disponibilità ad assistere qualunque medico discriminato per il sol fatto di essere stato assunto ed avere esercitato il proprio diritto di obiezione.
Per l’ associazione Giuristi per la Vita
Segretario avv. Filippo Martini
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Nei giorni scorsi si è molto discusso sui giornali del "caso" della dottoressa Silvana De Mari. In particolare si riscontravano esternazioni pubbliche, talune dai toni assai aspri, che lasciavano presagire l'avvio di un procedimento disciplinare a carico della medesima avanti al collegio disciplinare presso l'ordine dei medici di Torino. La dottoressa ha ricevuto oggi, 23 gennaio 2017 e precisamente poche ore fa, una generica raccomandata di convocazione avanti all'ordine fissata per oggi stesso 23 gennaio alle ore 18, in palese spregio rispetto alle norme previste dall'art. 39 e seguenti dpr 221 del 1950. Evidentemente ella non ha potuto presenziare all'incontro. Avremmo voluto che a scrivere all'ordine dei medici fossero unicamente (e lo faranno) i legali incaricati che assisteranno la dottoressa De Mari, tuttavia ci permettiamo come associazione di lanciare la presente petizione pubblica.
Chiediamo che, semmai si svolgerà effettivamente siffatto procedimento, ciò avvenga nelle dovute forme e modalità di rito, ma soprattutto in un clima non esasperato e teso invero a fare emergere la veridicità delle tesi prospettate dalla dottoressa De Mari, nel pieno rispetto delle evidenze scientifiche e delle esigenze di prevenzione e cura di cui la dottoressa si è fatta portatrice.
I Giuristi per la Vita
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COMUNICATO STAMPA 18.01.2017
Dott.ssa Silvana De Mari
La dottoressa Silvana De Mari apprende oggi dalle colonne del quotidiano “La Stampa” on line (articolo del 18.1.17 ore 13.06 del dott. Alessandro Mondo) che verrà avviato un procedimento disciplinare nei suoi confronti.
Ad annunciarlo è lo stesso presidente dell’ordine dei medici, dottor Guido Giustetto il quale stando ai virgolettati dell’articolo così avrebbe dichiarato: «Personalmente quelle della dottoressa, che non conosco, le giudico come affermazioni che non corrispondono a ciò che oggi pensa la Medicina. Del resto lo riconosce anche lei, sostenendo di non essere politicamente corretta. Diciamo che la sua posizione non è nel perimetro delle conoscenze scientifiche».
Continua il presidente affermando, sempre stando ai riferimenti della Stampa, che «Apriremo il procedimento disciplinare, convocandola e chiedendole spiegazioni - spiega Giustetto - Il mondo è pieno di medici che dicono cose strane... La cosa ci interessa nella misura in cui può creare problemi alla salute pubblica e mettere in cattiva luce la professione medica. Oltretutto, e questo ci preoccupa, lei mette un peso particolare sulla sua professione». Insomma – così chiosa l’articolo – netta presa di distanza e al tempo stesso piedi di piombo in attesa di decidere come comportarsi: «In questa fase dobbiamo capirne di più».
Alcune considerazioni sono d’obbligo.
Stupisce che sia il quotidiano “La Stampa”, ancora prima della diretta interessata, ad apprendere la notizia inerente il procedimento disciplinare in corso. L’esordio dell’articolo “La convocazione è già scattata” fa senz’altro pensare ad un fatto già avvenuto, ma non ancora verificabile posto che ad oggi la De Mari non ha ricevuto nulla. Vedremo quindi se e quando riceverà siffatta convocazione e se le tempistiche collimano con quelle dettate da “La Stampa”.
Sorprende di più che il presidente del Collegio che dovrebbe sovrintendere al giudizio disciplinare, evidenzi ed anticipi alla Stampa ancor prima della fase pre-procedimentale le proprie valutazioni sulla vicenda.
Appare grave, infine, che egli asserisca testualmente che le affermazioni della dottoressa De Mari “non corrispondono a ciò che oggi pensa la Medicina”.
I Giuristi per la Vita ribadiscono che la dottoressa si difenderà in tutte le sedi in cui sarà eventualmente convocata e valuterà certamente di proporre formale querela contro chi e coloro che stanno fomentando una campagna gravemente diffamatoria e persecutoria nei suoi riguardi.
Per Associazione Giuristi per la Vita
Segretario avv. Filippo Martini
COMUNICATO STAMPA
I GIURISTI PER LA VITA
SOSTENGONO ED ASSISTONO LA DOTTORESSA SILVANA DE MARI
La dottoressa Silvana De Mari ha conferito incarico ad alcuni avvocati dell’associazione Giuristi per la Vita per essere assistita a fronte dell’esposto che i legali di Gay Lex intendono proporre nei suoi confronti avanti all’ordine dei medici nonché per la grave diffamazione subita a seguito di tale annuncio.
La De Mari è un noto medico chirurgo e psicoterapeuta, che afferma verità scientifiche ed opinioni evidentemente molto scomode per la “comunità Lgbt”.
Quelle di seguito riportate, sono solo alcune delle numerose dichiarazioni rinvenute sui siti e sui profili social di Gay Lex nonché di attivisti e sostenitori di tale associazione: «Silvana De Mari, "chirurga e psicoterapeuta" a Torino. Pubblicamente asserisce che l'omosessualità è un disturbo possibile da curare, a partire dalla castità. Che nelle endoscopie anali effettuate sugli omosessuali ha visto condizioni "spaventose" malattie "devastanti". Rammentiamo alla dottoressa Mari che il giuramento di "Ippocrate" che lei ha pronunciato diventando medico recita testualmente: "di curare ogni paziente con eguale scrupolo e impegno, prescindendo da etnia, religione, nazionalità,
condizione sociale e ideologia politica e promuovendo l'eliminazione di ogni forma di discriminazione in campo sanitario". Dopo le vostre segnalazioni, GAY LEX scriverà all'Ordine dei Medici per chieder'IMMEDIATA SOSPENSIONE del titolo che la De Mari esercita contro quel giuramento e contro idiritti dei pazienti omosessuali"».
Ancora, così incalza il profilo facebook di Gay Lex: «Non solo frasi gravissime sull'omosessualità ma anche proclami contro la gpa, frasi assurde sul ruolo delle donne e inneggiamenti alle teorie riparative: per questo la dottoressa De Mari va sospesa e manderemo esposto all'Ordine dei medici !».
Non si possono sottacere inoltre, le frasi estrapolate da altro social in cui si afferma in tono velatamente minaccioso che «Ci pare evidente che la dott.ssa abbia bisogno di un periodo di “riposo”. Immediato, forzato, a tempo indeterminato».
Da ultimo, si segnala il post di un attivista di Gay Lex: «Non è pensabile che si possa utilizzare la propria professione di medico per diffondere teorie anti-scientifiche e discriminatorie. E' grave e pericoloso per i pazienti che entrano in contatto con questo medico, e in più infanga l'intera categoria". Per questo - dopo decine di segnalazioni - come Gay Lex abbiamo deciso di mandare un esposto all'Ordine dei medici!».
Trattasi di affermazioni molto gravi e profondamente lesive della dignità e della professionalità della dottoressa De Mari la quale si tutelerà e sarà assistita in tutte le competenti sedi.
Per Associazione Giuristi per la Vita
Segretario avv. Filippo Martini