Alfie Evans. «L’ospedale di Liverpool ha bluffato in modo plateale»

Aprile 12, 2018 Valerio Pece

Intervista a Filippo Martini, avvocato che cura i rapporti tra la famiglia Evans e gli ospedali italiani, e che spiega i retroscena delle trattative per salvare il piccolo.

 

Si chiamano Filippo Martini, Claudio Corradi, Monica Boccardi e Maristella Paiar. Sono la squadra di avvocati scelti da Tom Evans e sua moglie Kate, genitori di Alfie, per curare i loro rapporti con gli ospedali italiani che si sono resi disponibili a coadiuvarli nella vicenda che vede coinvolto il figlio. Già dalla scorsa estate, infatti, gli Evans hanno affidato proprio a quei Giuristi per la Vita la procura a rappresentarli in Italia. Da un anno l’avvocato Martini lavora instancabilmente dietro le quinte per negoziare con dottori, avvocati, solicitor inglesi, facendo tutto il possibile per salvare Alfie. Tempi.it lo ha incontrato.

Avvocato, sappiamo che ieri per Alfie Evans è stata una giornata campale.
Ieri è stato un giorno decisivo nello sviluppo della vicenda, il giorno del pronunciamento del giudice ma anche il giorno del nostro “ultimatum” all’Alder Hey, l’ospedale di Liverpool che detiene Alfie e i suoi genitori. Ieri mattina ho scritto una mail alla direzione sanitaria dell’Ospedale di Liverpool, a tutti gli avvocati e ai medici del Bambin Gesù di Roma e dell’Istituto Besta di Milano, ricordando a tutti che venerdì 6 aprile avevo inviato due importantissime comunicazioni in nome e per conto dei genitori di Alfie Evans. Una, delle ore 12.46, con la quale comunicavo all’Alder Hey le specifiche disponibilità offerte da parte del Besta. Una seconda mail, delle ore 15.56, con la quale comunicavo le disponibilità offerte invece dal Bambin Gesù.

Risposte da Liverpool?

Alle ore 17.44 di quello stesso 6 aprile mi perveniva la mail di uno dei legali dell’Alder Hey Hospital, che così scriveva: «I will take instructions and revert to you as soon as possible», cioè “le faremo sapere al più presto”. Bene, a distanza di 5 giorni né io né i medici del Bambino Gesù e del Besta abbiamo ricevuto alcun riscontro. Ignorati completamente. L’Istituto Besta si è reso addirittura disponibile a mettere a disposizione tutte le proprie energie e il proprio staff: parliamo di circa 300 unità tra medici e specialisti in particolare del settore delle neuroscienze che avrebbero fatto di tutto per ricercare una possibile diagnosi relativa allo stato in cui versa il piccolo Alfie Evans.

È incredibile come in questa vicenda manchi ancora la diagnosi del bambino.
Sì. Reputo che i genitori abbiano tutto il diritto di conoscere una oggettiva diagnosi prima che venga adottato ogni provvedimento coercitivo nei riguardi di loro figlio. Chiunque capisce che almeno una diagnosi certa, cioè il motivo per cui il piccolo Alfie deve essere condannato a morte, è qualcosa che i genitori devono assolutamente conoscere. Anzi, che il mondo deve conoscere! Mi lasci dire che sarebbe stato deontologicamente doveroso un confronto o almeno una risposta rispetto alle disponibilità mostrate da parte del Bambino Gesù e del Besta, due ospedali che si sono esplicitamente esposti ed offerti in tal senso. I medici italiani che ho sentito telefonicamente ieri mattina erano molto stupiti di ciò, e non si capacitavano del perché da Liverpool non pervenisse nemmeno una riposta, fosse anche un “no”, ma almeno motivato.

Nell’udienza di ieri si è discusso circa i tempi e i modi del distacco della ventilazione di Alfie.
Il giudice Haiden ha ribadito ancora che i supporti vitali di Alfie, cioè la sua ventilazione, saranno staccati. Aggiungendo un’indicazione molto strana: la data e l’ora del distacco non potranno essere resi pubblici. Una pietra tombale sulla vicenda oltre che una grave pregiudizio per la difesa.

La decisione del giudice è parsa improntata alla delegittimazione del padre di Alfie. È così?
Sì, Tom Evans è stato accusato di aver violato la privacy del figlio per aver diffuso alcuni suoi video nelle ultime settimane. Video che servivano per mostrare al giudice e al mondo che Alfie sta nettamente migliorando, che succhia il ciuccio da solo, che si stira i muscoli, che non versa in stato vegetativo. È incredibile come un giudice che definisce la vita di un bambino “inutile” (ho letto queste parole ieri sera), e che quindi decida di togliergli il respiratore, si strappi le vesti per una privacy violata dal padre. Violazione chiaramente tutta da dimostrare.

A causa dei suoi 21 anni, Tom Evans è stato anche accusato dal giudice di essere troppo giovane e di non reggere l’emotività.
In effetti sono molti i momenti dell’udienza svoltasi ieri pomeriggio che appaiono surreali. In un passaggio il giudice avrebbe scritto: «I genitori e in particolare il signor Evans non sanno affrontare la realtà e continuano a sperare in una soluzione del tutto irrealistica». Ne dobbiamo dedurre che sono irrealistici anche i comportamenti del Besta e del Bambin Gesù? Come mai queste due eccellenze italiane, dopo aver studiato i referti, hanno offerto un second consulting e una disponibilità accogliere Alfie in Italia?

Papa Francesco si è espresso con un inequivocabile tweet a difesa di Alfie, le Sentinelle in Piedi italiane si stanno mobilizzando e già domenica si svolgeranno le prime veglie. Il destino di Alfie è segnato o si può fare ancora qualcosa?
Al momento non posso risponderle. Dobbiamo parlare con i solicitor inglesi che assistono i genitori di Alfie e capire quali margini possono esserci. Certo che a pensare a come si stavano mettendo le cose appena poco tempo fa…

A che si riferisce?
Mi riferisco al fatto che quando a settembre si era ottenuto dal Bambin Gesù di Roma la piena e incondizionata disponibilità ad accogliere Alfie, i negoziati con Liverpool sembravano promettere molto bene. All’Alder Hey Hospital si era offerta su un piatto d’argento la possibilità di sgravarsi rispetto ad un caso (dal loro punto di vista) scomodissimo, sotto un profilo medico forse anche più scomodo del caso Charlie Gard. I genitori avrebbero anche firmato carte false, qualunque liberatoria verso Alder Hey pur di essere lasciati liberi di curare il bimbo altrove. Nulla. Dalla sera alla mattina l’ospedale di Liverpool ha troncato le trattative, cessato ogni comunicazione, ed ha fatto ricorso alla Corte per accelerare la fine.

E ora invece?
Ora è tutto in salita. Ma lo è anche per l’Alder Hey Hospital. L’ospedale, a mio avviso, ha dimostrato di non essere affatto un soggetto negoziatore affidabile e leale. A settembre fingeva di trattare con la famiglia e già tramava di adire le vie legali; la settimana scorsa, quando è intervenuto a favore di Alfie l’europarlamentare Steven Woolfe, sembrava essersi aperto uno spiraglio, mentre tutto era preordinato al fine di prendere tempo e distrarre l’attenzione sulle vere intenzioni. E ora con noi: avevamo ottenuto in sole 24 ore una nuova conferma del Bambin Gesù, e addirittura la possibilità di una second consulting da parte di un ospedale d’élite come il Besta (le strumentazioni diagnostiche di quest’ultimo Istituto sono rintracciabili solo nelle più prestigiose cliniche di Oxford), mentre anche in questo caso l’Alder Hey ha preferito tagliare corto e perseguire la via della morte certa, bluffando in modo plateale. Tutto molto strano e scorretto.

Pensa che i genitori di Alfie alla fine cederanno?
Non credo. Penso anzi che anche nella peggiore delle ipotesi (nemmeno la voglio pensare) gli Evans vorranno andare sino in fondo: perseguire giudizialmente chi prima del tempo, ha tolto loro il figlio amato.

 

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